Il bambino della Luna è una storia per bambini, scritta da Davide Morosinotto, particolarmente adatta ad essere raccontata (o proposta come lettura) i primi giorni di scuola quando bambini e insegnanti si ritrovano dopo le lunghe vacanze estive. Il racconto del bambino della Luna e del suo ritorno in Terza Effe, una classe molto speciale…
Una storia per l’accoglienza da leggere online o da stampare gratuitamente nella versione illustrata con un disegno da colorare. Per stampare la storia, scorri la pagina verso il basso e clicca sul testo dove segnato: si aprirà una seconda finestra con il racconto per l’accoglienza dei bambini in formato pdf, pronto per essere scaricato e/o direttamente stampato.
Il bambino della Luna: storia per l’accoglienza
La Terza Effe era una classe speciale fatta di bambini speciali. C’era Enrica Riccoboni, la bambina più ricca della scuola, che aveva quattro ville e un elicottero per portarla da una all’altra. C’era Augusto Robusto, il bambino atleta, che aveva vinto le Olimpiadi quando aveva solo tre anni. E c’era Eugenia Lagenia, la prima della classe, così intelligente che frequentava le elementari al mattino e, al pomeriggio, l’università. Nella Terza Effe era speciale perfino il bullo, Gastone Sganassone: suo padre infatti era il famoso Gedeone, il Pugile Atomico. Il bambino più speciale di tutti però era il piccolo Giulio Bianchi. Per la verità, all’inizio nessuno si era accorto che Giulio fosse speciale.
Non era simpatico né antipatico, né alto né basso, i suoi voti non erano buoni ma neanche cattivi, insomma un bambino come gli altri, sempre contento tranne quando Gastone Sganassone gli lanciava i suoi micidiali aeroplanini di carta con disegnati gli scheletri. Perché a Giulio, gli scheletri, facevano davvero paura. A parte questo, era proprio un bambino come gli altri. Se non che, quando la Terza Effe era ancora la Seconda Effe, il banco di Giulio era rimasto vuoto per un anno intero. Giulio aveva smesso di andare a scuola. Perché Giulio era andato a vivere sulla Luna. Sì, proprio quella che sta in cielo, che certe notti sembra una moneta da due euro e altre volte assomiglia a un sorriso. La Luna. Dovete sapere che i genitori di Giulio erano due astronauti, e la Società Spaziale li aveva scelti per un incredibile esperimento: abitare per un anno sulla Luna.
Dato che Giulio non poteva restare solo con la babysitter per così tanto tempo, era andato con loro.
Ma adesso Giulio era tornato sulla Terra. E quel giorno a scuola erano tutti agitatissimi. Il cortile era pieno di giornalisti che volevano vedere il Bambino della Luna.
Giulio scese da un’automobile nera, in tuta spaziale e con il casco da astronauta, che assomigliava a una boccia per i pesci a testa in giù (gli scienziati avevano paura che portasse sulla Terra qualche strano virus lunare, e per un po’ avrebbe dovuto indossarlo). La preside andò a prendere Giulio vestita con il suo abito migliore, quello verde che usava sempre per la recita di Natale. – Sciò sciò – disse ai giornalisti. – Lasciate in pace Giulio. Poi fece un sorriso alle telecamere, sperando di finire sul telegiornale della sera. Anche in classe tutti i bambini erano pronti: Augusto Robusto si era allenato a saltare sui banchi come gli astronauti (quindi, molto in alto). Eugenia aveva disegnato due cartelloni scientifici che mostravano come si vive sulla Luna. E la ricchissima Enrica si era fatta fare un vestitino argentato che sembrava una tuta spaziale, proprio come quella di Giulio. – Bambini – disse la maestra, – facciamo un grande applauso al nostro amico tornato dalla Luna!
Tutti cominciarono a battere le mani, ma Giulio, invece di essere contento, si chiuse bene il casco sulla testa. – Allora – domandò la maestra, – com’era abitare sulla Luna? – Hai studiato astronomia? – domandò Eugenia Lagenia. – Hai fatto molto sport? – domandò Augusto Robusto. Ma Giulio rimase zitto proprio come un baccalà. La maestra non voleva forzarlo e lo lasciò andare a sedersi al suo posto… Purtroppo nei giorni seguenti le cose andarono sempre peggio. Con quella tuta addosso Giulio si sentiva goffo e non parlava con nessuno. A ricreazione se ne stava seduto da solo al suo banco. La maestra era preoccupata. Pensando che a Giulio mancasse la Luna, riempì le pareti di ghirlande lunari; inventò una filastrocca stellare e la fece imparare a tutti i bambini; abbassò le tapparelle per rendere l’aula buia come lo spazio profondo.
Peggio che mai. Tutti i bambini si divertivano un mondo… Tranne Giulio. E tranne il bullo, Gastone Sganassone. – Ma chi se ne importa, della Luna! – sbuffò. Disegnò uno scheletro sul suo quaderno, strappò la pagina e la piegò in uno dei suoi temibili aeroplanini. Poi prese la mira e lanciò l’aereo contro Giulio, prendendolo proprio sul casco. TOK fece l’aeroplanino.
Giulio saltò in piedi. Prese in mano l’aeroplanino con i grossi guanti. Si voltò verso Gastone. E sorrise. Un sorriso enorme come una luna piena. – Grazie! – disse. – Grazie, grazie mille! – Ma come… – protestò il bullo, un po’ sorpreso. Giulio rise forte: – Gastone, il tuo aeroplanino è bellissimo. Sono così felice. Allora i bambini della Terza Effe capirono: vivere sulla Luna era bello… ma Giulio si era sentito tanto solo. E anche se adesso indossava una tuta da astronauta, era sempre il solito bambino né simpatico né antipatico, con i voti né buoni né cattivi. La maestra fece un sospiro di sollievo. Riaprì le finestre e tolse le decorazioni. Da quel giorno la vita in Terza Effe riprese come sempre. A parte per Giulio e Gastone… Loro infatti diventarono grandi amici.
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