Favola di Pulcinella per bambini

Favola di Pulcinella per bambini

Pulcinella è una delle maschere napoletane più conosciute di tutti i tempi e, insieme ad Arlecchino, costituisce le origini del Carnevale. Infatti, entrambi i personaggi risalgono alla Commedia dell’Arte del lontano 1500. Qual è la sua storia? Presentiamo la maschera di questo personaggio e raccontiamo la favola di Pulcinella per bambini.

Storia della maschera di Pulcinella

Il nome della maschera risalirebbe al contadino di Acerra, Puccio d’Aniello. A quanto pare ha anche a che fare anche con il suo tono di voce, che richiama il verso di un “polliceniello” ovvero di un piccolo pulcino.
Pulcinella è un servo furbo e molto pigro, credulone, un po’ litigioso, goffo nel camminare, e sempre pronto a tramare qualche imbroglio o a fare dispetti. Però è molto generoso e mattacchione e, quando è felice, inizia a danzare e a saltellare facendo anche sberleffi e smorfie molto divertenti! Pulcinella non si arrende alle difficoltà e trova sempre un modo per tirare a campare senza mai perdere il suo sorriso ironico e la voglia di prendersi gioco dei più ricchi e potenti.
Quello che proprio non riesce a fare è stare zitto quando dovrebbe e mantenere i segreti… Da qui il famoso detto “è un segreto di Pulcinella” per dire di qualcosa che tutti sanno.

La storia di Pulcinella

Di tutte le marionette del vecchio teatrino, Pulcinella era la più irrequieta… Aveva sempre da protestare! O perché all’ora della recita avrebbe preferito andare a spasso, o perché il burattinaio gli assegnava una parte buffa, mentre lui avrebbe preferito una parte drammatica.
“Un giorno o l’altro” diceva ad Arlecchino “Taglio la corda”.
E così fece… Una notte Pulcinella riuscì ad impadronirsi di un paio di forbici dimenticate dal burattinaio e così tagliò uno dopo l’altro i fili che gli legavano la testa, le mani e i piedi e propose ad Arlecchino: “Vieni con me.” Arlecchino non voleva saperne di separarsi da Colombina, ma Pulcinella non aveva intenzione di portarsi dietro anche quella smorfiosa, che in teatro gli aveva giocato centomila tiri. “Allora me ne andrò da solo!” decise. Si gettò coraggiosamente a terra e via, gambe in spalla. “Che bellezza” pensava correndo “non sentirsi più tirare da tutte le parti da quei maledetti fili! Che bellezza mettere il piede proprio nel punto dove si vuole”. Ma il mondo, per una marionetta solitaria, è grande e terribile, e abitato specialmente di notte, da gatti feroci, pronti a scambiare qualsiasi cosa che fugge per un topo cui dare la caccia. Pulcinella riuscì a convincere i gatti che avevano a che fare con un vero artista, ma ad ogni buon conto si rifugiò in un giardino, si acquattò contro un muretto e si addormentò.
Allo spuntare del sole si alzò ed aveva fame! Ma intorno a lui, a perdita d’occhio, non c’erano che garofani, tulipani e ortensie… “Pazienza” si disse Pulcinella e colto un garofano cominciò a mordicchiarne i petali con una certa diffidenza. Non era come mangiare una bistecca ai ferri o un filetto di pesce persico: i fiori hanno molto profumo e poco sapore. Ma, a Pulcinella quello parve il sapore della libertà, e al secondo boccone era sicuro di non aver mai gustato cibo più delizioso. Decise di rimanere per sempre in quel giardino e così fece. Dormiva al riparo di una grande magnolia le cui dure foglie non temevano pioggia né grandine e si nutriva di fiori; oggi un garofano, domani una rosa. Pulcinella sognava montagne di spaghetti e pianure di mozzarella, ma non si arrendeva. Era diventato secco e magro, ma così profumato che qualche volta le api si posavano su di lui per succhiare il nettare, e si allontanavano deluse solo dopo aver tentato invano di affondare il pungiglione nella sua testa di legno.
Venne l’inverno, il giardino sfiorito aspettava la prima neve e la povera marionetta non aveva più nulla da mangiare. Non dite che avrebbe potuto riprendere il viaggio: le sue povere gambe di legno non lo avrebbero portato lontano. “Pazienza” si disse Pulcinella “Morirò qui. Non è un brutto posto per morire. Inoltre morirò libero: nessuno potrà più legare un filo alla mia testa, per farmi dire sì o no”. La prima neve lo seppellì sotto una morbida coperta bianca. In primavera, proprio in quel punto, crebbe un garofano. Sottoterra, calmo e felice, Pulcinella pensava: “Ecco, sulla mia testa è cresciuto un fiore. C’è qualcuno più felice di me?”
Ma non era morto, perché le marionette di legno non possono morire! È ancora là sotto e nessuno lo sa. Se sarai tu a trovarlo, non attaccargli un filo in testa: ai re e alle regine del teatrino quel filo non dà fastidio, ma lui non lo può proprio soffrire.

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