La lepre e la tartaruga

La lepre e la tartaruga

La lepre e la tartarugaLa lepre e la tartaruga è una celebre favola che piace sempre molto ai bambini. Attribuita a Esopo e riproposta dal celebre autore Jean de La Fontaine nel 1668, narra di una tartaruga che accetta la sfida di una lepre vanitosa, convinta che nessuno potrà mai batterla alla corsa. Ma la tranquillità e la tenacia della tartaruga saranno più forti della troppa superbia! Una favola che insegna a non sottovalutare mai il proprio avversario…

Versione di Esopo:

La lepre un giorno si vantava con gli altri animali: “Nessuno può battermi in velocità” – diceva.  “Sfido chiunque a correre come me.!
La tartaruga, con la sua solita calma, disse:  “Accetto la sfida.” “Questa è buona!” –  esclamò la lepre; e scoppiò a ridere. “Non vantarti prima di aver vinto” replicò la tartaruga. “Vuoi fare questa gara?” Così fu stabilito un percorso e dato il via.
La lepre partì come un fulmine: quasi non si vedeva più, tanto era già lontana. Poi si fermò, e per mostrare il suo disprezzo verso la tartaruga si sdraiò a fare un sonnellino. La tartaruga intanto camminava con fatica, un passo dopo l’altro, e quando la lepre si svegliò, la vide vicina al traguardo. Allora si mise a correre con tutte le sue forze, ma ormai era troppo tardi per vincere la gara.
La tartaruga sorridendo disse: “Non serve correre, bisogna partire in tempo.”

Versione di La Fontaine:

Se a tempo non arrivi, a che ti giova il correre?
È ciò che ben dimostra quella scommessa strana,
che fecero fra loro la Lepre e la Testuggine.
“Vediam,” gridò costei, “chi di noi arriva prima
di quella strada in cima.”
“Di noi?” disse la Lepre dai piè veloci. “O mia
buona comare, credimi, che questa è una pazzia.
Stasera quattro grani prova a pigliar d’elleboro;
però se lo scommettere ti piace, scommettiamo.”
Non parmi necessario
di dir qual fosse il premio e chi sia stato il giudice.
In quattro salti e in meno io sono persuaso
che giungere potrìa la Lepre oltre la mèta,
se corre come correre suol fare, quando vuole
lasciar i levrieri con tre spanne di naso.
Ma vuol pigliarla comoda,
avendo tutto il tempo, almen così suppone,
di mangiare un boccone,
di fare un sonnellino e di fiutar il vento.
Intanto la Testuggine
col suo pesante e lento
passo senatoriale
non perde tempo e va.

La Lepre ch’ha la boria
di creder troppo facile per lei quella vittoria,
indugia apposta, e chiacchiera,
riposa qua e colà,
più volte siede a tavola,
e del partir, del giungere, nessun pensier si dà.
Sol quando ella si accorse che nonna la Testuggine
era lì lì per vincere,
ratta partì qual lampo,
ma furon sforzi inutili,
ché vinse la Testuggine per qualche spanna il campo.
“Ebben, mia donna Elleboro,
chi superò la prova?”
questa gridò, “che giova
allora d’esser lepre?
Or pensa, o mia comare,
se avevi anche una casa sul dosso da portare!”

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